giovedì 5 novembre 2015

Una riflessione extra-strong sul pellegrinaggio

«Il pellegrinaggio è un mezzo per raggiungere 
la saggezza e la pace dell’animo 
passando per luoghi e persone». (Herman Hesse)

(il botafumero di Santiago - foto di Mauro Beccaria)
Eccomi qui a riflettere e dalle mie recenti ricerche leggo che (...) i «cammini rivestono un’importanza significativa non solo dal punto di vista storico ma anche per il mondo attuale che spesso rischia di perdere le sue radici, soprattutto per quanto riguarda le giovani generazioni».

Il pellegrinaggio esiste da sempre, ma il significato è cambiato. «Attualmente il paradigma turistico del viaggiare come uno svago fine a se stesso sta arrivando al suo esaurimento, mentre comincia a manifestarsi l’esigenza di intendere il viaggio come una ricerca di significato, di esperienza, che le persone tentano di trovare. L’uomo del nostro tempo, che vive nel “villaggio globale”, non può evitare d’imbattersi nel mistero del dolore, della precarietà. Egli ha bisogno della mediazione del sacro per dare un significato alla propria esistenza».
Diventa un’esperienza globale, perché coinvolge nel corpo e nello spirito; è inoltre un modo per socializzare, per far incontrare le culture, in un periodo in cui si manifesta una contraddizione per certi versi paradossale: (…) l'«affermazione delle differenze è diventata un’esigenza molto più sentita che in passato. Il pellegrinaggio è quindi l’esperienza adatta per chiunque stia cercando una risposta, un senso al proprio vivere quotidiano». Durante il viaggio si impara “linguaggio dell’arte” attraverso le tante basiliche e misericordie e parrocchiali in cui si trova spesso ospitalità; il "linguaggio della natura" che nella sua immediatezza svela il Creatore; il “linguaggio del sudore”, nel camminare in silenzio, lottando con le proprie forze fisiche ed i propri limiti, che è a sua volta un’importante forma di espressione.
La meta è l'incontro con il Santo, cui è dedicato il santuario, la tomba o la custodia di reliquie. Di fronte alla sua umanità, si incontra la sua grandezza. Io stessa ho pianto sulla tomba di S. Thétèse de Lisieux o quella di S. Francesco d'Assisi, ma non di tristezza, bensì di profonda commozione! ho sentito la meraviglia dello Spirito. Loro son vicini a Dio, ci "tirano su". Ci ricordano che siamo in cordata.
«In tal modo il pellegrinaggio diventa un’esperienza di contemplazione, e questa è sicuramente una dimensione che dobbiamo recuperare, che avviene all’interno di una realtà ecclesiale: esso non è una gita né qualcosa da fare da soli, indipendentemente dagli altri, dal momento che si tratta della Chiesa che va alla ricerca dello Sposo: basti pensare ad alcuni brani del Cantico dei Cantici, nei quali viene descritta la sposa che va alla ricerca dell’amato. Il pellegrinaggio fa parte di questo andare incontro al Signore per incontrare il suo volto.
Questo va cercato infine nei fratelli che ci accompagnano lungo il percorso. Perciò quando si partecipa ad un pellegrinaggio non bisogna partire soltanto con la macchina fotografica per catturare delle belle immagini, ma si deve soprattutto cercare di incontrare le persone. I fratelli che troviamo nei posti che andiamo a visitare e coloro che viaggiano insieme a noi sono un piccolo riflesso, una finestra per scorgere il volto dell’Amato che continuamente cerchiamo». 
(Padre Caesar Atuire amm. del. Opera romana pellegrinaggi)

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